San Sergio di Radonej
Agiografia di San Sergio di Ràdonetz, igùmeno della Lavra della Santissima Trinità
Il primo Patrono della nostra Chiesa nacque il 3 maggio del 1313, festa di San Teodosio della Lavra di Kiev, nella proprietà (“Varnitsa”) di suo padre, vicino a Rostòv Vielikij. Suo padre Kirill e sua madre Marija erano ricchi Boiari della corte del Principe di Rostov. Al 40° giorno il bimbo venne battezzato e gli fu imposto il nome di Bartolomeo. All’età di 7 anni, insieme ai suoi due fratelli, Stefano e Pietro, venne mandato a scuola, ma dava segni di poca propensione per lo studio.
Il piccolo pregava continuamente Dio di donargli l’intelligenza necessaria per superare gli studi. Un giorno, mentre stava riconducendo i cavalli del padre nella stalla, vide sotto una quercia un vecchio monaco immerso nella preghiera. Avvicinatosi, quando questi ebbe finito, chiese al vecchio di pregare Iddio perché avesse compassione delle sue pene e gli donasse l’intelligenza di poter studiare con profitto. Il monaco lo benedì e gli diede un pezzo di pane benedetto, assicurandogli la protezione divina per superare le sue difficoltà. Per quanto apprendesse, da quel momento in poi, con molta facilità sia la Sacra Scrittura sia le opere dei Santi Padri, Sergio restò per tutta la sua vita un contemplativo, e non scrisse nulla.
La sua giovinezza trascorse con molta pratica religiosa, assecondato dai suoi genitori. Nel 1328 Rostòv venne conquistata dal gran Principe di Mosca Ivan 1° Kalita. In seguito a questi eventi, Kirill e Marija si trasferirono a Ràdonetz, un piccolo villaggio vicino Mosca. Mentre gli altri due figli si erano sposati, Bartolomeo rimase accanto ai genitori, aiutandoli fino al termine della loro esistenza avvenuta nel 1334 .
Liquidata la sua parte di eredità, Bartolomeo chiese al fratello maggiore Stefano il permesso di ritirarsi a vivere in eremitaggio. Stefano acconsentì, lui, che già aveva preso l’abito monastico. Insieme si stabilirono nella foresta di Ràdonetz, su un piccolo colle costruirono una cella e una chiesetta, con la benedizione del Metropolita di Mosca Teognòsto.
La chiesetta venne dedicata alla Santissima Trinità e fu consacrata dall’Archimandrita Mitrofan. Dopo qualche tempo Stefano abbandonò lo skit e tornò a Mosca. Dopo tre anni di vita eremitica, Bartolomeo chiese al padre Mitrofan di tonsurarlo monaco. Il 7 ottobre del 1337 Bartolomeo divenne monaco e ricevette il nome di Sergio, (in quel giorno si festeggiavano i Santi Sergio e Bacco).
Nella solitudine della foresta, il giovane monaco dovette affrontare la rigidità del clima, la fame, la presenza di lupi e orsi affamati, che spesso assediavano la sua cella.
Nella sua vita orante, Sergio dovette anche lottare contro il demonio che gli apparve nella chiesetta e nella sua cella, insieme alle sue schiere, per spaventarlo con minacce e farlo desistere dalla vita eremitica. La fama di questo giovane solitario incominciò ben presto a diffondersi e alcuni monaci desiderarono imitare il suo esempio.
Sergio accolse come dono di Dio queste persone e si formò così il primo nucleo di una Comunità. Tra i primi giunsero il vecchio monaco Basilio detto il Secco, che veniva dalle sorgenti del fiume Dubno; un altro di nome Giacomo e il diacono Onesimo con suo padre Eliseo. Tutti costruirono delle celle e circondarono il luogo con una palizzata.
Iniziò così la vita monastica con le consuete Ufficiature. La domenica padre Mitrofan celebrava la Divina Liturgia. Dopo circa un anno padre Mitrofan morì e i monaci decisero di eleggere Sergio come igùmeno. Dopo aver resistito per umiltà, alla fine Sergio disse: “Io dovrei piuttosto imparare che insegnare, piuttosto obbedire che comandare, ma, temendo il giudizio di Dio, mi rimetto alla Sua volontà: che essa sia fatta”.
Con due monaci Sergio si recò allora dal Vescovo di Pereiaslav-Zalesskij, Atanasio. Conoscendo la reticenza di Sergio, il vescovo gli impose per obbedienza di accettare l’incarico di igùmeno, e, nei giorni seguenti, Sergio ricevette gli ordini sacri. Ritornato al monastero, il Santo si recò in chiesa e si prostrò davanti all’icona della Santissima Trinità. e rivolse un’esortazione ai fratelli dicendo: “Pregate miei fratelli per me, perché io manco di dolcezza e di saggezza, ma ho ricevuto dal Re dei Cieli un talento di cui dovrò rendere conto”.
Nel 1347 si presentò al monastero l’Archimandrita Simone di Smolensk, chiedendo a Sergio di essere accolto tra i suoi monaci. Superando ogni difficoltà dovuta al suo rango, egli chiese di essere accolto come semplice monaco e rinunciando alla sua ricchezza donò il suo denaro per la costruzione di una nuova e più grande chiesa per il monastero. In breve tempo la Comunità monastica crebbe in modo considerevole.
L’Igùmeno Sergio governava con umiltà, ma anche con fermezza, così che tutti cooperavano a una vita religiosa devota e serena. Tra i nuovi arrivati giunse anche il suo fratello Stefano diventato Archimandrita, e con sé aveva portato il figlio Giovanni, di 12 anni, che diventò monaco col nome di Teodoro.
Non mancarono difficoltà di ogni sorta, anche la mancanza di cibo, tanto che alcuni monaci volevano abbandonare quella vita di stenti e ritornare al mondo. Sergio convocò tutti i monaci e lamentando la loro mancanza di fede, recitò il testo evangelico di Matteo 6, 25-26: “Non siate troppo solleciti, per la vita vostra, di quel che mangerete, né per il vostro corpo di quel che vestirete…”. Aveva appena finito di leggere che bussarono alla porta del monastero e il custode vide arrivare due carri pieni di generi alimentari.
Il giorno dopo e quello seguente il miracolo si ripeté. Anche l’acqua cominciava a scarseggiare e i contadini, che avevano popolato i dintorni del monastero, si lamentarono con Sergio per questa grave difficoltà. Il Santo Igùmeno allora, accompagnato da un monaco, uscì e scese in un avvallamento dove si era raccolta un po’ d’acqua dopo una pioggia. I due monaci si inginocchiarono e si misero a pregare, poi Sergio si rialzò, benedì quel luogo e subito scaturì una buona sorgente che ancora oggi dà acqua al monastero. Un giorno arrivò una delegazione di greci, inviati dal Patriarca Ecumenico Filoteo, con una lettera nella quale si esortava Sergio a introdurre nel monastero la vita cenobitica.
Su approvazione del Metropolita di Mosca Alessio, Sergio diede mano alla riforma riorganizzando il monastero sulla regola cenobitica, del resto cara a San Teodosio delle Grotte di Kiev. Il nuovo sistema di vita monastica incontrò delle difficoltà di cui si fece interprete proprio il fratello Stefano. Sergio allora per non creare divisioni, si allontanò dal monastero e si mise in viaggio per cercare un luogo dove riprendere una vita di solitudine.
Giunto al monastero di Makhristchy, retto dall’Archimandrita Stefano, suo vecchio amico, si fermò e gli chiese un monaco che lo accompagnasse a cercare nei dintorni un luogo adatto alla vita eremitica. Sergio iniziò una nuova vita sulle rive del fiume Kirjatch dove si costruì una cella e una chiesetta. I suoi monaci, addolorati per la partenza del loro igùmeno, saputo del nuovo luogo, arrivarono fin là, e Sergio costruì per loro delle celle e riprese la vita eremitica, come era alla Trinità prima della riforma. Il Metropolita di Mosca Alessio ordinò a Sergio di mettere a capo del nuovo monastero uno dei monaci e di ritornare alla Trinità, ed egli ritornò dopo 4 anni per obbedienza.
San Sergio fece della pace la sua missione. Si adoperò per evitare la guerra civile tra il principe Costantino di Rostòv e il Gran Principe di Mosca Ivan 2°. Il Metropolita Alessio lo inviò spesso in missione: nel 1365 a Nijni-Nòvgorod per convincere il Principe Boris di Suzdal a ritirare le sue truppe dalla città occupata. Nel 1380 il Khan dei mongoli Mamai iniziò una invasione della Russia in direzione di Mosca. Il Gran Principe Dimitri si recò da San Sergio per chiedere il suo consiglio e la sua benedizione. Sergio lo benedì e gli diede in aiuto due monaci, che erano stati grandi guerrieri, perché lo aiutassero nella difesa della Patria. Dimitri passò il fiume Don, e si attestò a Kulikovo sulle rive del torrente Nepriavda. L’8 settembre 1380 ebbe luogo la grande battaglia di Kulikovo vinta dall’esercito russo.
San Sergio ebbe il privilegio, per la sua profonda venerazione, di essere visitato dalla Santissima Madre di Dio. Una notte dopo aver recitato l’ufficio davanti all’icona della Deìpara, insieme al discepolo Michea, udì una voce che diceva: “La Purissima arriva!”. San Sergio allora si alzò, andò verso la porta della cella e subito una gran luce lo investì e apparve la Purissima, insieme a San Pietro e a San Giovanni. Il Santo cadde a terra, ma la Santa Vergine lo prese per la mano dicendo: “Non spaventarti, mio eletto. Io sono venuta per visitarti. La preghiera per i tuoi discepoli e per il monastero è stata esaudita. Non ti inquietare più. D’ora innanzi il monastero non mancherà più di nulla, non soltanto durante la tua vita, ma anche dopo la tua morte. Io proteggerò incessantemente questo luogo, e veglierò su di esso”. Detto ciò la visione disparve.
Il Santo visse molti anni in preghiera, digiuno e lavoro. Sei mesi prima di morire affidò la direzione del monastero al padre Nikon. Poi nell’imminenza del trapasso, radunati i suoi discepoli, diede loro le ultime istruzioni spirituali. Dopo aver ricevuto i Santi Doni, sollevò le mani al cielo, e recitata la preghiera, rese la sua pura anima a Dio. Era il 25 settembre del 1392.
Fonte: tratto da “S. Sergio e la spiritualità russa”, di P. Kovalevsky, Gribaudi 1977.